Una città è viva se è capace di avere una visione, di vedere quello che ancora non c’è. Una città è morta quando, anziché cercare una preliminare, partecipata ed elevata discussione, propone di abbattere in un sol colpo ex Carcere ed ex Macello. Si dia incarico agli specialisti, alle Università per uno studio di trasformazione urbana di Vigevano, a partire dai suoi contenitori pubblici, ovvero dai suoi beni comuni. Si esca, una volta per sempre, dalla piccola e limitata cerchia dei soliti noti e si guardi altrove, più in alto.
Anche la politica è vedere quello che ancora non c’è. Quindi, di fronte alle prese di posizione di chi parte per abbattere e rinuncia a progettare, occorre prendere una ferma posizione.
Vigevano è una non città, un luogo ristagnante anche, o forse soprattutto, per questo. Ha beni pubblici (ai due che si vogliono demolire aggiungiamo ex Tribunale e Colombarone), ma è del tutto incapace di pensare a cosa fare di quelli che, in altri contesti, sarebbero asset, opportunità.
Senza una visione “altra” e “alta” infatti, saremo per sempre una non città, un luogo di mediocrità destinato a essere sepolto da decine di supermercati, incapace di trattenere la sua meglio gioventù e con essa il suo futuro.